FAVARA
Le più antiche testimonianze umane, finora scoperte nel territorio di Favara, risalgono alla tarda età del rame (2400-1900 a. C. circa). Si tratta di ceramica monocroma rossa dello stile di Malpasso rinvenuta in una grotta in contrada Ticchiara, che in quell'epoca era abitata. Tra la fine di questa età e gli inizi della prima età del bronzo (1900-1450 a. C. circa) si data una sepoltura ritrovata in contrada Grazia vicina che ha fornito ceramica acroma di impasto grigiastro, che sembra ricollegarsi a quella del tipo Conca d'Oro (tarda età del rame del Palermitano) e a forme arcaiche di ceramica castellucciana (prima età del bronzo della Sicilia centromeridionale). La prima età del bronzo, nel nostro territorio, come del resto in tutta la Sicilia, rappresentò un periodo molto florido culturalmente ed economicamente, che difficilmente si ripeterà nei successivi periodi preistorici. La presenza umana raggiunse uno sviluppo tale, che quasi tutte le contrade ne presentano le testimonianze. Tombe a grotticella artificiale o a forno, tipiche di questa epoca, si trovano nelle contrade di San Benedetto, San Vincenzo-Caldare, Scintilia, Pioppo-Cirasa, Caltafaraci Petrusa, Grazia vicina, Stefano-Pirciata, Ticchiara-Priolo, Deli, Malvizzo, Burraiti-Burraitorto e Terreforti. Ricordiamo, inoltre, chelacontrada Ticchiara ha restituito un centinaio di vasi dipinti nello stile di Castelluccio, che ne fanno uno dei depositi più ricchi e rappresentativi.Nella successiva media età del bronzo (1450-1250 a. C. circa si verificarono radicali e bruschi cambiamenti, primo fra tutti quello della ceramica, che difficilmente può essere spiegato come il risultato di un mutamento di gusto. Ricordiamo i vasi trovati in contrada Caltafaraci, che sì presentano acromi di impasto grigiastro e i frammenti rinvenuti nella grotta della Ticchiara che sono monocromi bruni dello sfile di Thapsos. Di grandissimo interesse per questa età è una tomba rinvenuta in contrada San Vincenzo, al confine nord del territorio di Favara, che ha restituito vasi dì ceramica grigia non decorata, due grandi bacili in lamina bronzea e due grandi daghe. Verso la fine dì questa età e l'inizio della seguente tarda età del bronzo, cioè intorno al 1250 a. C. circa in Sicilia si verificò una grande frattura con le culture precedenti, che accentuò di molto quel cambiamento di vita che già era in atto. Le intense relazioni, che si erano avute con ì popoli delle coste del Mediterraneo, subirono un duro colpo e sì interruppero quasi completamente. 1 villaggi, prima posti in luoghi ameni e fertili, si spostarono in posizioni di difesa, spesso fortificate e poco rispondenti a esigenze economiche. Il motivo di questo fenomeno sociale risiede nella paura che queste popolazioni, già identificate con il nome di Sicani, avevano per l'emigrazione di genti pericolose quali Siculi, Ausoni e Morgeti che, provenienti dalla penisola italiana, cercavano di invadere la Sicilia. In questo periodo, nel territorio di Favara, la vita si concentrò sulla montagna di Caltafaraci che, pur non superando i 553 m, si presenta molto dirupata e inaccessibile da tutti i lati, quindi con spiccate caratteristiche strategico-difensive. Di questa epoca, identificabile con la tarda età del bronzo-età del ferro (1250-730 a. C. circa), sulla citata montagna è stata rinvenuta ceramica acroma di impasto grigiastro. Coloni greci e più precisamente rodio-cretesi, dopo aver fondato nel 689 a. C., la città di Gela, combattendo duramente contro i Sicani, avanzarono lentamente verso ovest per la conquista militare e civile della Sicilia occidentale. Questo processo d'espansione, culminato nel 581 a. C. con la fondazione della città di Akragas, vide anche la colonizzazione di piccoli centri agricoli fortificati e, nel nostro caso, quello posto a Caltafaraci. In effetti, numerosi sono i reperti di ceramica impressa protostorica dello stile di Sant'Angelo Muxaro-Polizzello del VI sec. a. C. rinvenuti, e riferibili a popolazioni indigene.
Tratto dalla guida turistica e artistica di Filippo Sciar |