Fermati, osserva tutto e e accogli.
Guarda il cielo e guardando lascia che entri fino a riempirti.
 Fermati ancora, cosa provi?

Briciole di Cielo

Meditazione terza:

desiderio eccessivo della stima altrui

Preparazione serale

La superbia non è solamente la tendenza a stimarsi oltre il giusto; è anche l'inclinazione a desiderare e a cercare eccessivamente la stima e la lode. Sono anch'io vittima di questa tendenza che domina tanto facilmente? Domani ne inda­gherò i pericoli, i disordini e gli aspetti misera­bili.

Mi farò una chiara convinzione dei sintomi che la rivelano: preoccupazioni e turbamenti causati dalla paura di essere biasimato; a se­conda dei casi, compiacimenti sciocchi o tri­stezze sproporzionate; a seconda del tempera­mento: scoraggiamento, irritazione, gelosia, de­nigrazione, ecc. A quali meschinità porta questa tendenza; quante bassezze provoca e quante fal­sità suggerisce! La devo temere perché sco­raggia, la devo sorvegliare perché è insidiosa, e anche le persone che tendono alla santità fati­cano a liberarsene.

 La mia meditazione avrà questo scopo e verterà sui punti seguenti:

1 . natura e forza di questa tendenza;

2. disordini che essa comporta;

3.  eccessi a cui può condurre.

 

I.    Natura e forza di questa tendenza

Il desiderio di essere stimati e lodati dagli altri non deve essere confuso col sentimento della stima di sé. Lo si ritrova infatti in persone che si riconoscono dappoco, e molti accettano volentieri di essere apprezzati per qualità che non hanno. D'altro canto alcuni, pieni d'amor proprio, sdegnano l'opinione e l'approvazione degli altri.

Questo desiderio di stima e di lode è forte e diffuso allo stesso tempo, ed è difficile sfuggirvi. «La dolcezza della gloria - dice Pascal - è cosi grande che, a qualunque cosa si attacchi, anche alla morte, la si ama. Noi perdiamo con gioia anche la vita, purché se ne parli... Siamo cosi presuntuosi che vorremmo essere conosciuti da tutto il mondo, e cosi vanitosi che la stima delle cinque o sei persone che ci stanno attorno ci fa piacere e ci rende contenti».

È una tendenza che compare fin dall'infanzia, e secondo un detto di Platone è «l'ultimo vestito che ci leviamo».

 

II.  Disordini che questa tendenza può provocare

Un apprezzamento ragionevole ed equilibrato della stima altrui non è un vizio. Può essere anzi un aiuto e uno stimolo utile e buono. t assolutamente legittimo elogiare al fine di incoraggiare.

In fondo, ogni cosa buona merita stima. Il disordine sta nel tener più conto della stima che del bene, oppure nel desiderare la stima più di quanto la si meriti, o nel ricercarla con avidità. Che cosa cerca l'uomo dominato dalla voglia della lode? È forse il bene? No, ma i suoi effetti. Quindi egli sposta ed altera l'obiettivo. Invece di cercare il dovere per se stesso, lo fa per la ricompensa che ne ricava.

Chi ha questo difetto resta certamente servizievole e generoso, ma solo per dimostrare le sue qualità e suscitare stima e ammirazione. Se non viene riconosciuto, perde ogni slancio, perché il movente era l'approvazione degli altri. Allora subentrano abbattimento e irritazione, come crisi diverse dello stesso male. L'abbattimento vuole spingerlo nell'inattività dello scoraggiamento, mentre l'irritazione gli grida di abbattere gli ostacoli, e sarà poco tenera nei suoi consigli sulla scelta dei mezzi.

Nell'uomo vanitoso e superbo il successo produce un non minore disordine. Circondato di stima, si erge, si apre, respira più a fondo, come per meglio aspirare le lodi. L'illusione lo avvolge come una nube, per cui gli sfugge l'esatto apprezzamento delle cose. Diventa facilmente imprudente; svanisce nella sua follia.

È forse cattivo? Ma no; però lo si trova duro.

È ingiusto? Neppure; e intanto calpesta crudelmente i diritti del prossimo, perché non li vede. È falso? Nemmeno; e tuttavia cambia opinione, atteggiamento e linguaggio a seconda delle persone. È di volta in volta arrogante o adulatore, secondo i casi. Arriva perfino ad usare formule ipocrite di umiltà. Egli non vede che il suo scopo: occupare un posto maggiore nella stima degli altri. Compie tutto ciò con tranquilla incoscienza.

 

III. Follia di questa tendenza fuorviata 

Forse, in pratica, la realtà delle cose mi tiene lontano da questi eccessi; ma se mi esamino seriamente, se spingo lo sguardo nel più profondo di me stesso, che vedo?

Sogni vuoti e interminabili, in cui l'immaginazione mi fa compiere grandi azioni di sorprendente successo. Mi ritrovo in una situazione che mette in luce qualità superiori, che possedevo allo stato latente; sento già i mormorii di approvazione, vedo volti accesi d'entusiasmo; godo della sorpresa di tutti e anche di me stesso.

Sono sogni, lo so, ma accarezzano la mia passione. t una gioia e, in mancanza della realtà, ne godo. In certi momenti di lucidità mi dico: ma sono un pazzo!

Questo vano amore della lode è infatti spesso una dolce follia, quando si manifesta; che diventa però drammatica, quando gli errori portano la vittima a perdersi. Quale esigenza di veder chiaro in me! Quale necessità di formarmi all'umiltà!

Voglio esaminare gli obiettivi e le motivazioni che mi hanno guidato nelle circostanze importanti della vita, e quelli che mi animano nell'agire quotidiano.

Se esamino la vera causa delle mie gioie e delle mie tristezze, non vi scopro forse troppo spesso l'approvazione o la disapprovazione degli altri? Non concedo forse la mia simpatia a chi mi adula? Se penso che una certa persona mi stimi poco, non divento facilmente ostile e ingiusto nei suoi riguardi?

Si, mio Dio, mi mancano la vera umiltà e l'equilibrio morale: benedici ed esaudisci il vivo desiderio di entrarne in possesso.

Copyright - Calogero Di Pasquale - 2015