Meditazione seconda:
stima esagerata di se
Preparazione serale
La superbia consiste anzitutto in una stima eccessiva di sé; è una viva propensione a stimarsi troppo, a sopravalutarsi. Questa tendenza, spesso alleata con l'egoismo, rende duri ed esigenti; nei superiori sviluppa il senso autoritario e il rigore, negli inferiori lo spirito di indipendenza e di insubordinazione.
Urge scoprire tutte le radici che questo tipo di orgoglio ha sviluppato in me. t cosi abile nel dissimulare, e ci si conosce cosi male! Quante facili illusioni provengono non solamente dal modo parziale o superficiale di esaminare e di valutare le nostre intenzioni e i nostri atti, ma anche dall'esterno, ad esempio, dal rispetto che ci viene testimoniato, dagli elogi tributati e che ci illudono di trovarci in una sfera superiore; cosi presto ci attribuiamo ciò che compete alla missione che Dio ci affida.
Domani sonderò i recessi oscuri in cui si nasconde la mia superbia, la mia tendenza alla stima eccessiva e disordinata, constatando francamente:
l'esistenza di questa superbia;
le sue parzialità;
le sue contraddizioni;
i suoi pericoli.
So, mio Dio, che la mia vista è impotente a scrutare queste tristi profondità; perciò ricorro alla tua luce; dalla tua grazia aspetto il dono di penetrare in me.
I. Esiste una stima eccessiva di sé
Bisogna rendersi conto che la tendenza ad esagerare nella stima e nella valutazione di sé non è una eccezione, ma si presenta dappertutto, in gradi diversi. Che sia volontaria e cosciente o no, essa esiste. La mente lavora di continuo per scoprire qualcosa in noi che meriti stima. Simile alla forza dell'arbusto che affonda le radici in mezzo alle rocce, questa ricerca è istintiva e procede senza fatica, tanto è naturale.
Si orienta e si fissa l'attenzione sulle qualità che si presume di possedere; le contempliamo, e ce ne compiacciamo, ce ne nutriamo. Il persistente ammirare porta ad una convinzione radicata.
Al contrario, non ci si ferma minimamente a considerare quanto si possiede di imperfetto, di basso, di umiliante; al massimo vi dedichiamo una occhiata fuggitiva, che si cancella senza lasciare una traccia stabile. Dunque, nessuna contropartita: prende forza solo l'eccessiva stima di sé. Non esiste più la verità: viene registrato un solo aspetto dell'inchiesta.
II[spaces:1]Parzialità di questa tendenza
Se abbiamo delle capacità pratiche anche banali, ci sembrano le più importanti. Se in noi sono prevalenti le capacità intellettive, non esitiamo a ritenere spregevoli quelle pratiche. Se abbiamo più testa che cuore, ce ne compiacciamo, compassionando coloro che, per la troppa bontà, sono vittime dei più furbi. Se abbiamo più sentimento che intelligenza, dichiariamo che la cultura è spregevole.
Quanto alla nostra intelligenza, siamo portati a dare la massima importanza agli aspetti in cui meglio riesce. Se è sciolta, ma senza solidità, disprezziamo i cervelli analitici; se è più analitica che brillante, gridiamo contro la retorica. Se si è ottenuto un successo, è perché ci si è molto impegnati. Quando non si riesce, è perché si è stati trattati ingiustamente.
Cosi ragioniamo di tutte le cose. Quanto c'è da umiliarsi di tale parzialità allo stesso tempo odiosa e ridicola!
III. Contraddizioni di questa tendenza
Certamente abbiamo spesso constatato la nostra inferiorità, talvolta anzi con sorprendente chiaroveggenza; ne abbiamo sofferto. Allora la superbia incomincia una specie di lavorio di rimozione, perseguito instancabilmente, che arriva a restituire una certa aria di superiorità, unita a volte al disprezzo di ciò che resta più alto. Contraddizione apparente, identico difetto. Stimo maggiormente ciò che possiedo io: orgoglio soddisfatto. Apprezzo con dispetto scoraggiato quel che mi manca: orgoglio che soffre.
La contraddizione della superbia può riguardare il medesimo oggetto. Di fronte ad una persona più istruita, si dirà con convinzione che «la virtù è migliore». Se dopo un momento ci si trova di fronte ad una persona più virtuosa, ecco tornare una improvvisa stima per la scienza, presumendo di essere superiori in quel campo.
Ho bisogno di esaminare attentamente i miei sentimenti e le mie azioni, per cogliere sul fatto gli eccessi e le contraddizioni desolanti del mio orgoglio, sempre abile nell'ingannarmi.
IV. Pericoli di questa tendenza
Troppo facile lodare Dio di tutto quello che si è, e dirgli: «£ da te che mi vengono, o mio Dio, le capacità e i successi». Questa formula può lasciar sopravvivere la superbia pratica, il vano compiacimento e i sentimenti di orgoglio. Scarta l'orgoglio appariscente dello spirito, ma in realtà non toglie l'eccessiva stima di sé.
Confidando in se stesso, il superbo non domanda facilmente consiglio; sdegna gli avvertimenti; si irrigidisce contro gli insuccessi meritati e li aggrava. C'è qui un errore di comportamento. Chiuso nelle proprie idee, le sostiene aspramente, senza prestare attenzione alle ragioni degli altri. Di qui l'ostinazione.
S'irrita contro le opposizioni, si lascia andare a parole graffianti e conserva un cuore ferito. In questo c'è la perdita della carità.
Il superbo si tradisce con l'atteggiamento, col tono, con le espressioni e i gesti. Cosi arriva a rendersi ridicolo. Lo si adulerà in maniera spinta, per vedere quanti complimenti riesce ad assorbire; lo si lascerà prendere una strada sbagliata, per ridere del suo fallimento; lo si spingerà a vantarsi, per prenderlo in giro. Tristi rappresaglie!
O Signore, aprimi gli occhi ed ispirami una santa collera contro una tendenza cosi forte, cosi nascosta e cosi piena di pericoli. Se in me non ho notato questi sintomi di superbia, non devo sentirmi sicuro, perché se pochi ne sono malati in sommo grado, tuttavia nessuno ne è interamente esente. La verità è che non mi conosco ancora profondamente. Mi son fatto delle idee chiare e una coscienza attenta riguardo ad un vizio pericoloso, in maniera da averne orrore e temerlo; ma non conosco ancora per niente la realtà della mia superbia: ho bisogno che tu mi riveli a me stesso. La tua luce, o Spirito Santo, sarà la fiaccola che la preghiera incessante innalzerà nelle mie tenebre, e che manifesterà in me uno che non conoscevo. Per non essere affatto superbo, occorre che sia pienamente umile. E chi è pienamente umile? Posso dire di esserlo?