Il dono dell'intelletto
Il dono dell' intelletto / intelligenza
Il dono dell’intelletto riguarda anch’esso una illuminazione soprannaturale della mente umana, ma sotto un aspetto ancora diverso. Se il dono della sapienza è "la luce per vedere" e il dono della scienza è "l’oggetto divino da vedere", il dono dell’intelletto è "la facoltà di vedere". Anche nelle cose naturali, in fondo, la possibilità di conoscere il mondo risulta dall’incontro di tre fattori: un oggetto da vedere, la luce per poter vedere e l’occhio sano. In mancanza di uno di questi tre elementi non si ha la conoscenza del mondo esterno. La conoscenza del disegno divino di salvezza risulta egualmente da tre doni spirituali: la scienza (l’oggetto da vedere), la sapienza (la luce per vedere), l’intelletto (l’organo della vista). Vediamo qualche riscontro biblico.
In Matteo 15,16, Gesù rimprovera significativamente i suoi Apostoli: "Anche voi siete ancora senza intelletto?". Cosa era accaduto? Il Maestro aveva appena esposto un insegnamento fondamentale sul puro e sull’impuro, precisando che l’impostazione del Levitico doveva essere trasferita dal piano materiale del cibo che entra nello stomaco (e che quindi non contamina lo spirito) al piano spirituale di ciò che l’uomo elabora dentro la propria coscienza. E’ questa radice interiore delle decisioni che contamina la società e il singolo. I farisei restano scandalizzati dinanzi a questo insegnamento così nuovo, mentre gli Apostoli non ne capiscono il senso. E’ a questo punto che Gesù chiede: "Siete ancora senza intelletto?"
Che cosa è allora l’intelletto? Sulla base del contesto in cui Gesù utilizza questo termine, dobbiamo dire che il dono dell’intelletto è una particolare capacità di capire la Parola di Dio. Il dono dell’intelletto entra quindi in azione nei momenti di meditazione personale, nei ritiri e negli incontri di annuncio o di formazione dottrinale. Senza "l’organo della vista", cioè senza il dono dell’intelletto soprannaturale, la nostra comprensione delle Scritture non sarebbe né profonda né salvifica. Sappiamo che la Bibbia può essere studiata anche come libro; di essa si può scandagliare tutto: le epoche di composizione, le eventuali stratificazioni e redazioni, la trasmissione del testo e i suoi codici, i suoi generi letterari, il suo rapporto con l’archeologia… ma rimane il fatto che la Bibbia diventa Parola di salvezza solo a condizione che venga letta e meditata "nello Spirito"; ossia sotto l’influsso e l’operazione dei doni che innalzano le facoltà mentali dell’uomo a un livello di conoscenza soprannaturale. Se la Bibbia viene studiata senza il dono dell’intelletto può essere compresa solo nei suoi significati umani, ma non nelle sue energie salvifiche, che si possono raggiungere e penetrare solo in una lettura nello Spirito. Su questo punto abbiamo dei riscontri molto precisi: "L’ispirazione dell’Onnipotente lo fa intelligente" (Gb 32,8); vale a dire: esiste una forma di analisi e di penetrazione mentale della realtà che è data da una ispirazione divina, la quale rende più acuta l’intelligenza naturale e la fa idonea a comprendere ciò che supera il confine della natura: il mondo del soprannaturale. Per questo il saggio avverte: "Non appoggiarti sulla tua intelligenza" (Prv 3,5), esortazione che risulterebbe senz’altro assurda, se non esistesse un’altra intelligenza sulla quale potersi appoggiare.
Che l’intelligenza, come dono soprannaturale, sia distinta e ordinata alla sapienza si vede chiaramente da 1 Re 5,9: "Dio concesse a Salomone saggezza e intelligenza". Non sarebbe infatti pensabile che Dio doni all’uomo la luce per vedere (sapienza) ma non l’organo della vista (intelligenza). Anche l’Apostolo Paolo si muove nella identica prospettiva: "Egli ha riversato (la grazia) abbondantemente su di noi con ogni sapienza e intelligenza" (Ef 1,8). In sostanza, Paolo vuol dire che per metterci in grado di capire il mistero di Cristo (dono della scienza), il Padre ci ha dato la luce per vedere (dono della sapienza) e l’organo della vista (dono dell’intelligenza). Il dono dell’intelligenza, cioè la comprensione soprannaturale della realtà, non è limitato però ai soli contenuti della Rivelazione, visto che lo stesso Apostolo lo preannuncia a Timoteo come un aiuto per tutte le altre eventuali difficoltà del ministero apostolico: "Il Signore ti darà intelligenza per ogni cosa" (Tm 2,7). Infine, ai Romani, Paolo parla del dono dell’intelletto che i sapienti della Grecia pagana non hanno avuto; essi, tanto colti e raffinati da aver dato i natali alla filosofia occidentale, hanno dall’altro lato idolatrato le forze della natura, rendendo un culto a divinità inesistenti, false e bugiarde, come le chiama Agostino di Ippona, e Dante dopo di lui. In questo si sono dimostrati insipienti. Hanno guardato la natura, così bella e ricca di armonie, ma non sono riusciti a risalire dall’opera all’Artista; e ciò è strano, perché "dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l’intelletto" (Rm 1,20). Se l’intelletto naturale bastasse per vedere le perfezioni di Dio nella natura, anche i greci, così sapienti, se ne sarebbero accorti. Ci vuole infatti il dono dell’intelletto, di cui essi erano evidentemente privi. E poi, trattandosi di un dono, l’intelligenza infusa va anch’essa invocata e attesa: "Se invocherai l’intelligenza…" (Prv 2,3).